Un
cantiere fondamentale per realizzare una infrastruttura che, una volta terminata, consentirà di collegare, in modo
veloce e efficiente,
tre mari (lo Jonio, il Tirreno, e l’Adriatico); parliamo della
S.S. 106 Jonica, e in particolare del
Megalotto 3 che si sviluppa per
38 km, dall’innesto con la
S.S. 534 (Firmo-Sibari) a
Roseto Capo Spulico (km 400+000), attraversando i Comuni dell’Alto Jonio Cosentino di Cassano allo Ionio, Francavilla Marittima, Cerchiara di Calabria, Villapiana, Trebisacce, Albidona, Amendolara e Roseto Capo Spulico, situati interamente nella Provincia di Cosenza.
L’intervento, in cui è impegnata la
>>Sirjo SCpA<<, del
>>Gruppo Webuild<<, consentirà di chiudere l’anello di collegamento tra gli
assi autostradali A14 e A2. mettendo, di fatto, in comunicazione i
tre versanti costieri, attraverso la porzione di territorio caratterizzata dalle
maggiori complessità geomorfologiche dell’intero itinerario.
Il tracciato
Partendo da Sud, il tracciato si sviluppa nella Piana di Sibari per i primi 18 km, per poi attraversare la porzione collinare della catena Appenninica per i restanti 20 km, caratterizzati, nell’ultimo tratto, dal passaggio dell’opera nello stretto corridoio (poche centinaia di metri) compreso tra il mare e i rilievi collinari a Nord del castello di Roseto.
L’infrastruttura in progetto è classificata in
categoria B secondo il
D.M. 05.11.01 ed è caratterizzata, lungo il suo sviluppo, dalla presenza di:
- 16 Viadotti (di cui 9 in sezione mista acciaio – calcestruzzo e 7 in acciaio e soletta in piastra ortotropa);
- 2 Gallerie Naturali;
- 11 Gallerie artificiali (prevalentemente con calotte e archi rovesci in conci prefabbricati).
Le opere d’arte maggiori, sopra elencate, ad esclusione di 6 viadotti, sono
ubicate nella tratta collinare (dal km 18 a fine lotto) che, essendo caratterizzata da una
continua alternanza di rilievi montuosi/collinari e profonde ed ampie incisioni vallive, ha reso necessario l’adozione di
soluzioni tecniche maggiormente complesse. In questa tratta sono, infatti, presenti le
gallerie naturali Trebisacce (circa 3,5 km),
Roseto 1 (circa 1,1 km) e una alternanza di gallerie artificiali e viadotti di altezza e luce rilevanti.
I primi 18 km si sviluppano nella
piana di Sibari dove, ad eccezione delle opere di scavalco delle fiumare costituite dai viadotti, il tracciato è costituito da rilevati stradali di altezza variabile, ma comunque limitata dal tema dei cedimenti. In questa prima tratta la continuità della viabilità esistente è garantita da
opere di attraversamento costituite da
sottovia scatolari e cavalcavia, mentre la continuità del reticolo idraulico secondario è resa possibile da un sistema di
opere idrauliche minori in c.a. (tombini scatolari) e
PEAD (tombini circolari).
Abbiamo visitato il grande cantiere su invito di
>>Doka<< e
ospiti di Sirjo SCpA, del
Gruppo Webuild, in particolare per vedere al lavoro le
soluzioni provvisionali, soprattutto sulla
seconda tratta del cantiere (anche se Doka ha fornito soluzioni provvisionali anche nella prima tratta), dove sono maggiormente presenti
opere d’arte complesse che hanno richiesto lo studio di
soluzioni particolarmente evolute per gestire al meglio il
getto dei calcestruzzi.
Si parte su facile (e sul piano)
Dal
punto di vista geomorfologico, il tracciato si compone di due tratte
completamente differenti tra loro. In particolare nella tratta I (che si sviluppa dal km 0+000 al km 18+863) il contesto è prevalentemente
pianeggiante e l’unica
particolarità progettuale è rappresentata dalle
opere di scavalco, necessarie al superamento delle fiumare e di alcune
infrastrutture principali esistenti (la linea ferroviaria Cosenza-Sibari). In questa porzione di tracciato, i
ponti e i
viadotti sono caratterizzati da un’
altezza generalmente limitata ed il cui valore massimo risulta
inferiore a 11 m, evidentemente in relazione al tema dei cedimenti.
In questo caso, il
sistema di fondazione è di tipo profondo e caratterizzato da
plinti su pali trivellati di grande diametro (Ø1200 ÷ Ø1500). Uniche eccezioni sono rappresentate dai
viadotti Satanasso e
Saraceno, caratterizzate da una
fondazione diretta.
Le strutture in elevazione sono costituite da pile composte da
tubi in acciaio corten, riempiti in
calcestruzzo, opportunamente raccordate all’impalcato in entrambe le direzioni,
trasversale e
longitudinale, mediante
pulvini svasati costituiti da un
cassone in corten riempito di calcestruzzo armato.
L’
impalcato, unico per le
due carreggiate, presenta una larghezza corrente generalmente pari a
25.20 m. Fanno eccezione il
viadotto Caldana, che presenta una larghezza massima pari a
32,70 m, in relazione alla necessità di accogliere, in aggiunta rispetto alle carreggiate standard, anche le corsie di
accelerazione e
decelerazione del vicino
svincolo di Cerchiara – Francavilla ed il viadotto Saraceno, caratterizzato da un
allontanamento delle carreggiate nella parte terminale e propedeutico al successivo imbocco alla
galleria naturale “Trebisacce”.
La struttura d’impalcato è di tipo misto: lo
scheletro portante in acciaio verniciato è costituito, nella gran parte dei casi, da
tre travi correnti principali composte, interconnesse da
diaframmi intermedi e di
pila di tipo reticolare, e da remi laterali a loro volta collegati a
travi correnti di spina.
La
soletta è realizzata attraverso l’accoppiamento di dalle
metalliche tralicciate, che fungono allo stesso tempo da casseri a perdere, a un getto in
calcestruzzo armato di spessore pari a
25 cm.
L’impalcato è completato dalle
barriere di sicurezza, dalle barriere
fonoassorbenti, dai
parapetti e dalla
pavimentazione stradale, di spessore pari a 11cm.
In questo tratto le
soluzioni di casseratura Doka, come ci spiega
[Alessio Strada], Project manager di Doka Italia, sono state impiegate secondo una
ben precisa pianificazione logistica, condivisa con il Contraente Generale Sirjo: “Il nostro contributo è iniziato con il dare la possibilità al cliente di
valorizzare un proprio asset, ovvero studiando il
reimpiego delle casseforme di proprietà sulle numerose opere d’arte da realizzare. Questa
soluzione logistica ha consentito di gestire di una serie di
opere minori (fondazioni, cordoli, tombini e scatolari), ma non per questo meno importanti tra cui diversi
attraversamenti idraulici e di
viabilità secondaria”.
Alessio Strada
Alessio Strada, Project Manager Doka Italia
L’elemento interessante da sottolineare è insito nell’apporto logistico che abbiamo sviluppato in stretta collaborazione con la direzione tecnica di Sirjo per consentire loro di realizzare questo tipo di opere, utilizzando il più possibile materiale già di loro proprietà e proveniente da altri cantieri.
Prosegue
[Strada]: “Con un’
accurata analisi e con una presenza altrettanto puntuale sul campo da parte dei
tecnici dell’ufficio di Milano, siamo, infatti, riusciti a
ottimizzare l’uso delle cassaforme, di fatto consentendo loro di
generare importanti risparmi e
minori costi di logistica rispetto al solo uso di
materiale nuovo (sia noleggiato sia acquistato). Il nostro lavoro in questa fase è consistito nella
fornitura, in tempi molto rapidi, del materiale di volta in volta necessario a completare la
dotazione di casseforme da utilizzare per questo tipo di opere”.
Poi le cose si fanno complesse…
Il tracciato della
tratta II (dal km 18+863 al km 38+000) si sviluppa, invece, in un
contesto è prevalentemente collinare e si osserva un continuo e frequente passaggio
da altopiani ad incisioni vallive profonde.
Il vincolo progettuale
Il vincolo progettuale, con particolare riferimento alle opere di scavalco, è riconducibile al superamento delle porzioni vallive, in continuità di tracciato con le gallerie artificiali e naturali, compatibilmente con l’ubicazione dei corpi franosi e con le preesistenze ubicate a terra. In questa porzione di tracciato, per far fronte alle profonde incisioni, i viadotti sono caratterizzati da un’altezza massima mediamente pari a 40 m e che supera i 65 m in corrispondenza del viadotto Avena.
Fanno eccezione il
Viadotto Ferro, il
Ponte Fosso Castello e il
Viadotto Annunziata che, localizzandosi nella parte terminale della tratta II, presentano un’
altezza massima molto contenuta.
Il
sistema di fondazione è di tipo profondo e caratterizzato da
plinti su pali trivellati di grande diametro (Ø1200 ÷ Ø1500, Ø800 per il V. Annunziata).
Uniche eccezioni sono rappresentate dalla
fondazione a pozzo della pila 4 del viadotto Avena, finalizzata a superare il
corpo di frana che interessa il versante in sinistra idrografica dell’
omonima fiumara e dalle
fondazioni dirette del Viadotto Ferro da Pila 6 a spalla 2.
Ad
eccezione dei viadotti
Ferro e Annunziata, caratterizzati da elevazioni piene in
calcestruzzo armato, tutti i viadotti della tratta II presentano
pile in acciaio ad asse verticale reticolari in corten e pulvini composti da accoppiamento di travi in acciaio verniciato. Le pile del viadotto Avena, in acciaio verniciato a struttura reticolare, sono caratterizzate anche dall’unicità di avere una geometria a “V” (Pile 2 e 3).
L’
impalcato, unico per le due carreggiate, presenta una
larghezza corrente generalmente pari a
26.45 m. Fanno eccezione il viadotto Pagliaro, che presenta una larghezza variabile da un
valore massimo pari a 28.84 m in prossimità dell’imbocco Nord della galleria naturale “Trebisacce” ad un
valore corrente pari a 26.45 m, ed il viadotto Ferro che presenta una
larghezza massima pari a 33.95 m, in relazione alla necessità di accogliere,
in aggiunta rispetto alle
carreggiate standard, anche le corsie di accelerazione e decelerazione del vicino svincolo di Roseto. Il ponte Fosso Castello e il viadotto Annunziata presentano, invece,
due impalcati distinti per ciascuna carreggiata. Il viadotto Annunziata ha la particolarità di avere le
due carreggiate sovrapposte (viadotto in sopra-elevata).
La
struttura d’impalcato è interamente realizzata in
acciaio: lo scheletro portante in acciaio verniciato è costituito, nella gran parte dei casi, da
due travi correnti principali composte, irrigidite internamente e sugli sbalzi laterali da traversi realizzati mediante
profili composti e da
diagonali. Al fine di ottimizzare l’inserimento dell’opera nel
contesto paesaggistico, la mirata adozione di acciai di
elevate caratteristiche meccaniche quale l’S460 ha consentito di ottenere impalcati
caratterizzati da una
maggiore snellezza, a parità di luce netta, con altezze delle travi costanti e con valori compresi
tra 3.60 m e 4.70 m (mediamente, circa 1/25 della massima luce teorica, che varia tra 86 m e 200 m).
La parte superiore del sistema di impalcato è costituito dalla
piastra ortotropa, realizzata attraverso l’
accoppiamento saldato di canalette e
piastre in acciaio. L’unico getto in
calcestruzzo armato è rappresentato dai
cordoli laterali e centrale.
Il viadotto Ferro, il ponte Fosso Castello e il viadotto Annunziata sono le uniche
opere di scavalco che con riferimento alla
tipologia di impalcato, sono riconducibili alla tipologia di opere descritte con
riferimento alla tratta I.
Il viadotto Ferro, inoltre, è caratterizzato da
pile e
pulvini realizzati con
getto in opera, componenti per le quali sono stati utilizzati i
casseri Doka, come sottolinea
[Alessio Strada]: “Per il viadotto Ferro ci siamo occupati delle
soluzioni provvisionali sia delle pile sia dei pulvini; in entrambi i casi abbiamo adottato un
mix fra cassero Framax Xlife e
casseri speciali metallici, entrambi progettati e forniti da Doka. In particolare, per i
pulvini abbiamo utilizzato per il
sostegno provvisionale le nostre
mensole WS10 per i lati lunghi, combinate con i nostri telai per il getto controterra per i lati più corti. Le
strutture di sostegno per le pile sono state, invece, direttamente
gestite da Sirjo con
proprio materiale”.
Sottolinea
[Massimiliano Guelfi], Business Development Manager: “ Il cantiere del terzo macrolotto della SS106 Jonica rappresenta per noi un
esempio efficace di partnership, dove la fornitura è stata la
naturale conseguenza di un rapporto di fiducia instaurato con Sirjo. Non poteva essere diversamente su
progetto così vasto (38 km di lunghezza) e
così vario, essendo costituito da una alternanza di
viadotti e gallerie".
Massimiliano Guelfi
Massimiliano Guelfi, Head of Engineering di Doka Italia
"Soprattutto sulla
tratta II del Macrolotto, siamo intervenuti predisponendo le
soluzioni tecniche per i
manufatti più impegnativi, fra i quali ricordo le
pile del viadotto Ferro e
i plinti di fondazione del viadotto Avena. Specialmente nel primo caso abbiamo affrontato insieme al personale di Sirjo
difficoltà operative non indifferenti legati alle dimensione e geometria del plinto”.
I plinti di fondazione delle pile più grandi del viadotto Avena erano probabilmente i
manufatti in calcestruzzo più importanti e tecnicamente complessi della Tratta II; come conferma
[Guelfi]: “Le pile P2 e P3 del viadotto Avena hanno richiesto la predisposizione di
fondazioni particolarmente massive con una dimensione in pianta di
25 x 25 metri e un’altezza complessiva di
4,5 metri (raggiunti con 3 getti successivi, il primo di 180 cm). Si trattava di
elementi ‘a capanna’, in sostanza con geometria a tronco di piramide che hanno richiesto, per la loro realizzazione il
getto complessivo di ben
2.300 metri cubi di calcestruzzo SCC (self compacting Concrete)".
Per gestire al meglio il getto e, contemporaneamente garantire piani di lavoro sicuro agli operatori, abbiamo deciso di casserare le fondazioni con casseri Framax Xlife a cui abbiamo abbinato, per la gestione degli angoli, elementi speciali in acciaio progettati e realizzati su misura dal nostro ufficio tecnico di Milano.
“I
casseri Framax Xlife sono stati, in accordo con la direzione tecnica di Sirjo,
assemblati in macromoduli in modo da gestirne al meglio le
operazioni di armo in cantiere; i moduli sono stati assemblati, connettendoli con
raccordi di compensazione e
allineamento che utilizzavano i nostri
morsetti universali Framax (capacità di compensazione fino a 15 cm). Vista l’altezza finale da raggiungere, sono stati realizzati
due perimetri completi di casseri Framax Xlife, sul secondo perimetro dei quali è stato integrato un piano di lavoro con
parapetto di protezione S, con protezione laterale sulla
chiusura di testa in modo di consentire agli operatori di lavorare in estrema sicurezza” .
“Infine, grazie al nostro
servizio di project management, abbiamo supportato la produzione di cantiere per permettere un
impiego sicuro, efficace ed efficiente delle attrezzature, operazione non da poco su un cantiere che prevede
900 ton di opere provvisionali distribuite su
38 km di cantiere”.
E infine ci sono le gallerie
Le gallerie artificiali occupano la
parte centrale del lotto e si sviluppano nella tratta compresa tra il
km 22+900 ed il km 33+300, attraversando una porzione di tracciato caratterizzata dalla
presenza di altopiani costituiti da
terrazzi marini.
Ad eccezione di
piccole tratte in trincea ai due imbocchi, le gallerie
occupano pertanto
quasi integralmente i pianori attraversati, assumendo una configurazione tale da consentire, nel rispetto dei vincoli paesaggisti accennati in premessa, il
ripristino della morfologia originaria e la
continuità del loro sistema viario.
Le opere saranno pertanto realizzate prevedendo una
successione di fasi esecutive tali da
minimizzare i tempi compresi tra lo sbancamento ed il successivo ritombamento delle strutture; operazione questa resa agevole dal
sistematico ricorso alla prefabbricazione delle calotte e degli
archi rovesci ed all’esecuzione dello
sbancamento per campi.
Al termine della
tratta montana, appena prima che il tracciato si sviluppi nello
stretto corridoio naturale a nord del Castello di Roseto, si incontrano la
galleria Roseto 1 (galleria naturale di circa 1,2 km) e la galleria Roseto 2 (galleria artificiale, in parte top-down, di circa 300 metri). La prima consente lo sviluppo del
tracciato a monte dell’abitato di Roseto Marina, mentre la seconda permette l’
attraversamento dello sperone roccioso prospiciente il castello stesso.
+ sicurezza
Dal punto di vista funzionale le gallerie Trebisacce e Roseto 1, risultando di lunghezza superiore ad 1 km, sono dotate di tutti gli standard geometrici e impiantistici richiesti dal D.lgs. 264/06 che, unitamente all’adozione della medesima configurazione prevista per le piazzole di sosta delle Gallerie artificiali, hanno consentito di dotare l’opera dei più alti requisiti di sicurezza per l’utenza finale.
L’
ultima delle gallerie naturali presenti lungo il tracciato differisce da quelle sopra descritte per
geometria e
modalità di esecuzione dello scavo. La particolare
conformazione morfologica dello stretto promontorio attraversato dalla Galleria Roseto 2 e la bassa copertura (max 10 m) hanno infatti suggerito la
possibilità di procedere, nel tratto di collagamento allo scavo con il
metodo Milano ovvero predisponendo una
paratia di pali con solettone di testa ed eseguendo il
ribasso (top-down) senza interrompere la continuità del reticolo viario in superficie.
La presenza di una
curva con ridotto raggio e la contestuale necessità di
dotare la piattaforma stradale di un
allargamento per visibilità hanno, inoltre, condotto all’adozione di una sezione di
larghezza maggiore rispetto a quella standard con conseguente necessità di ricorso all’
adozione di predalles di getto per la realizzazione del
rivestimento di calotta. La restante porzione di galleria (circa 210 m) si
sviluppa in artificiale in un
contesto particolarmente delicato poiché interferente con l’
estremo Sud della Frana di Roseto.
Le
strutture provvisionali Doka sono state utilizzate per
murette e
piedritti, come spiega
[Alessio Strada]: “Nella realizzazione delle artificiali Sirjo ha utilizzato i nostri casseri principalmente per
realizzare gli elementi laterali in calcestruzzo gettato delle gallerie; in particolare abbiamo
fornito i nostri materiali per la galleria Roseto 2 e per la galleria artificiale Taviano, dove abbiamo utilizzato il nostro
cassero Framax Xlife in abbinata a un
cassero speciale in acciaio progettato su misura. Il
getto del piedritto è stato realizzato in un’
unica fase, con
tre diverse tipologie geometriche; dato che le due canne correvano parallele, il getto del piedritto centrale ha richiesto l’
abbinata di due cassaforme in acciaio curve realizzate su misura, che hanno consentito di realizzare un
elemento gettato con una larghezza di base di
289 cm”.
Continua
[Strada]: "Per la
galleria di Roseto, invece, sono state per prime costruite le
murette a riscontro dell’arco rovescio, realizzate con
due getti successivi, il primo a realizzare il
parallelepipedo di contrasto dell’arco rovescio (altezza di getto143 cm), il secondo per gettare la
base del piedritto a sezione parallelepipeda (altezza di getto in questo caso 176 cm). Per entrambi i getti sono stati impiegati i nostri
casseri Framax Xlife, con moduli che sulla parte all’estradosso misuravano
270 cm di base, mentre all’intradosso erano caratterizzati da un
passo più corto (135 cm) per gestire al meglio la
sezione inclinata della moretta da quel lato”.
"Sulle
murette sono poi stati realizzati i
piedritti laterali, composti da
quattro getti successivi (i primi tre da 150 cm, il quarto, di completamento per arrivare all’imposta della volta, da 78 cm), sempre con
casseri Fermax Xlife all’estradosso. In questo caso i moduli impiegati erano di lunghezza di base di 270 cm)”.
Si ringrazia per il supporto tecnico:
Amministratore Delegato e Progettista: Ing. Salvatore Lieto
Responsabile Ufficio Servizi Tecnici e di Progettazione: Ing. Felice Schiavone
Construction Manager: Geom. Biagio Perretta
Brand Ambassador: Geom. Natale Corina