La sfida di EMERGENCY: l’Africa con qualità Europea

Girare il mondo per costruire ospedali nelle zone di conflitto o nei Paesi più disagiati del Pianeta; non è sicuramente un lavoro banale quello che Roberto Crestan svolge ormai da 15 anni in EMERGENCY, l’organizzazione, creata nel 1994 da Gino Strada, che si propone di offrire cure medico-chirurgiche gratuite e di elevata qualità alle vittime delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà.

In poco più di 25 anni, EMERGENCY ha curato oltre 10 milioni di persone, senza fare distinzione di parte politica, credo religioso o colore della pelle; spesso lo ha fatto lavorando in strutture costruite direttamente dall’organizzazione (in collaborazione con i Governi e sovvenzionate da privati).

Roberto Crestan

Roberto Crestan, coordinatore ufficio costruzione e manutenzione di EMERGENCY
Crestan, con una storia di cantiere che passa da Impregilo a Carena, coordina l’ufficio che segue la costruzione e la manutenzione degli ospedali che EMERGENCY gestisce direttamente, proprio per mantenere il livello qualitativo che l’Organizzazione si propone di erogare nella aree in cui interviene; così Crestan, che abbiamo intervistato su invito di Doka, una delle aziende che hanno contribuito alla realizzazione dell'ospedale chirurgico pediatrico a Entebbe, in Uganda, con la cessione a titolo gratuito dei casseri: “Per riuscire a lavorare con i nostri standard (non solo sanitari, ma anche di sicurezza) in aree così complicate, abbiamo la necessità di avere sotto controllo ogni aspetto, compreso quello della forma fisica degli edifici, che è sempre progettata per supportare al meglio una struttura medica di alto livello”.

Lo staff di Emergency impegnato nel progetto di Entebbe posa davanti alla struttura ormai quasi completa
“La sfida è davvero quella di costruire ospedali di eccellenza (in cui le cure sono gratuite) in aree dove spesso mancano elettricità e acqua potabile; il mio primo incarico per EMERGENCY è stato quello di realizzare l’ospedale di Cardiochirurgia di Khartum in Sudan (le cardiopatie causate dalla febbre reumatica sono tra le prime cause di morte in questo Paese), con l’esigenza di avere sale operatorie mantenute costantemente a 18 °C con un livello di pulizia dell’aria vicino al 100%, in un Paese in cui la temperatura media è di 45 °C  con picchi di 55 °C e tempeste di sabbia continue. Ci siamo riusciti mettendo in campo una squadra di grandi professionisti, ma la sfida è sempre di altissimo profilo”.

“Come ufficio progettazione di EMERGENCY, nella costruzione dei nostri ospedali teniamo in considerazione una serie davvero sterminata di parametri, dalla continuità della fornitura energetica, alle esigenze di pulizia e sterilizzazione, fino ad aspetti meno conosciuti, come i giardini esterni che rivestono un’enorme importanza nel percorso di recupero dei nostri pazienti che molto spesso hanno storie terribili alle spalle”.

Uno dei due grandi muri in pisé completato
“Gli ospedali devono essere anche belli e accoglienti (un giardino in aree desertiche come Sudan e Afghanistan è, per i nostri pazienti, un’esperienza davvero unica) e questo è uno degli aspetti che, assieme ovviamente alla qualità del supporto sanitario, ci differenzia da tante altre organizzazioni che fanno il nostro lavoro in giro per il Mondo. Un altro elemento fondamentale che voglio citare: l’ospedale di Khartum è diventato partner della scuola di specializzazione in cardiologia, anestesia e cardiochirurgia, riconosciuta a livello internazionale, che sta formando tantissimi specialisti locali che sono fondamentali per dare un impulso forte alla capacità di risposta del sistema sanitario nazionale di quel Paese a queste emergenze”.


Un passo in più

“Oggi, come EMERGENCY stiamo facendo un passo in più. L’Ospedale di chirurgia pediatrica di Entebbe è il secondo ospedale di una rete di centri sanitari di eccellenza che EMERGENCY sta costruendo in Africa (il primo appunto è stato il centro di cardiochirurgia di Khartum); in questo senso è stato firmato un accordo tra 26 Paesi africani, nel corso di un incontro a Venezia nell’isola di San Servolo, per la creazione dell’ANME, African Network for Medical Excellence (in italiano Rete Africana per l’Eccellenza Medica) che mira a realizzare una rete di ospedali di eccellenza nei vari Paesi, ognuno specializzato in determinate branche della medicina”.

Da 15 anni in EMERGENCY, Roberto Crestan ha coordinato la costruzione di tutte le strutture dell'Organizzazione nel Mondo
“Si tratta di ospedali regionali dai quali i medici specialisti si muovono per fare le visite in tutti i Paesi che hanno firmato il protocollo; i pazienti che necessitano di intervento vengono ospitati (a spese di EMERGENCY) nel centro specializzato di riferimento dove vengono operati con le migliori cure mediche oggi disponibili in Africa. Una volta terminato il network di ospedali avremo quindi una rete di protezione medica specializzata che, nella nostra visione potrà fare davvero la differenza”.

Il Centro di eccellenza in chirurgia pediatrica di Entebbe è il secondo tassello di un network di centri ospedalieri che garantiranno cure mediche specialistiche a 26 Paesi dell'Africa

“Tra questi, quello che stiamo realizzando in Uganda non è uno ospedale normale; innanzitutto è un centro di alta specializzazione in chirurgia pediatrica con standard qualitativi molto vicini a quelli europei, infine è stato progettato con la collaborazione e la direzione artistica di uno dei più prestigiosi studi di architettura al mondo, il Renzo Piano Building Workshop (RPBW, ndr)”.

Rispetto quindi ai tanti ospedali che, come EMERGENCY, abbiamo gestito in giro per il mondo nelle aree di conflitto più complicate, qui c’è decisamente un salto di scala importante, non solo dal punto di vista dimensionale, ma anche (e forse soprattutto) da quello degli obiettivi che una tale struttura si propone di raggiungere”.

Una speranza per i bambini

Come dicevo il progetto di Entebbe sarà a firma di Renzo Piano che è stato affiancato dal nostro partner storico per la progettazione, la TAM Associati di Dorsoduro in provincia di Venezia; la TAM  ha seguito, soprattutto nella persona dell’architetto Raul Pantaleo, tutti i nostri ospedali, compreso quello di Khartum. Anche per questo importante progetto la filosofia generale sarà sempre la stessa: l’intera progettazione (architettonica, strutturale e, cosa fondamentale per un ospedale, impiantistica) è italiana, mentre per la costruzione utilizziamo imprese locali per le strutture al grezzo, coordinate dai nostri specialisti di cantiere. Per le finiture e per tutti gli impianti impieghiamo invece imprese italiane: questo è l'unico modo per garantire che i nostri standard qualitativi saranno rispettati”.

“Con Renzo Piano abbiamo trovato subito quella sintonia che ci aspettavamo da una figura come la sua; rispetto massimo per le esigenze tecniche dell’ospedale e, allo stesso tempo, volontà ferma di contribuire alla causa umanitaria con il valore aggiunto di un’esperienza progettuale che ha pochi riscontri al mondo”.

I casseri Frami di Doka sono anche stati impiegati per la realizzazione di tutte le murature in calcestruzzo
“Con Carlo Maisano, che segue tutta la progettazione impiantistica in EMERGENCY abbiamo spiegato a tutti gli attori coinvolti quale fosse l’obiettivo: realizzare un ospedale di altissimo livello sanitario e tecnologico, bello, funzionale, ma anche gestibile in un Paese in cui la logistica è ancora un grande problema. Il livello tecnologico dell’ospedale deve permettere una semplice manutenzione  (tutto quello che può rompersi o non è essenziale non deve essere considerato). L’obiettivo è ovviamente la qualità del servizio. Su questi temi con Renzo Piano e con il suo coordinatore storico Giorgio Grandi, non ci sono mai stati problemi, al contrario il sentire è sempre stato comune”.

Con Renzo Piano e i professionisti del suo studio la collaborazione è stata davvero fattiva; sono dei maestri e abbiamo imparato moltissimo collaborando con loro

“Fin dal primo incontro, dalla “mitica” penna verde di Renzo Piano, è emerso il segno architettonico che ha caratterizzato il progetto dell’ospedale; due grandi muri in terra portanti, in pisé, un sistema costruttivo diffuso in Germania, Canada, Australia e Nuova Zelanda. A Entebbe, partendo da quei segni verdi sulla carta, abbiamo realizzato così il più grande muro in terra mai costruito”.

“Una volta terminato, l’ospedale avrà 72 letti di corsia, 3 sale operatorie e tutti i servizi diagnostici e ausiliari necessari al suo funzionamento, come il laboratorio, la banca del sangue, la farmacia, la mensa, la lavanderia. In vista dell’arrivo di pazienti provenienti da vari Paesi è prevista anche una guest house con 42 letti, dedicata ai pazienti e ai loro famigliari. Un’opera importante, per l’Uganda, certo, ma anche per tutti i Paesi firmatari dell’accordo. Il Centro avrà inoltre un impianto di circa 2.600 pannelli fotovoltaici in copertura, che ne soddisferanno parte del fabbisogno energetico”.

Con Doka, tra cemento e terra

“La collaborazione con Doka si è soprattutto concretizzata nella donazione della fornitura di noleggio dei casseri per il getto dei muri in pisé e per quello di tutti gli elementi in calcestruzzo; Doka ci ha fornito il sistema per pareti Frami (compresa la progettazione esecutiva dei casseri), leggero, semplice da montare e quindi gestibile senza particolari problematiche in un cantiere in cui, non mi stancherò di ripeterlo, la logistica è davvero complessa”.

“Oltre alle fondazioni in calcestruzzo, i casseri Doka, come accennavo, si sono dimostrati perfetti per la realizzazione dei grandi muri in pisé; la tecnologia della terra compattata è infatti ampiamente utilizzata per realizzare manufatti architettonici in tutto il Mondo, ma a Entebbe avevamo l’esigenza di spingerci oltre, realizzando muri decisamente grandi da una parte e dall’altra garantendo che tali strutture non si sarebbero degradate nel tempo”.

I casseri Frami sono stati anche impiegati per il getto dei grandi muri in pisé, secondo un formulato messo a punto da Emergency in collaborazione con Mapei
“In prima istanza abbiamo fatto un campione nel muro sul posto, per cominciare a capire le caratteristiche delle argille disponibili in loco e, soprattutto, per verificare la durabilità effettiva del manufatto nel tempo (per inciso, a distanza di anni, il muro ancora lì, del tutto integro). Poi con Mapei abbiamo portato avanti un processo di sperimentazione durato tre anni, in parte in laboratorio in parte sul campo”.

I due muri in pisé dell'ospedale di Entebbe gettati nei casseri Doka sono i più grandi al mondo e sono il frutto di un progetto di ricerca e sperimentazione sviluppato con Mapei

“Gli additivi messi a punto ci hanno consentito di essere certi che i muri resteranno belli e performanti per lungo tempo, anche in un clima difficile come quello ugandese. La miscela che abbiamo studiato prevedeva il getto del muro con argilla ricavata dagli scavi, aggregati selezionati, fibre strutturali e, appunto, gli additivi del gruppo italiano”.

“Per essere ancora più precisi, l’esatta ricetta è composta dal 20% di terra scavata in loco, dal 24% di sabbia, dal 24% di ghiaia, dal 3% di additivo, dal 7% di cemento, da fibre in polipropilene, da un additivo fluidificante per la lavorazione e dal 4% d’acqua”.

Doka ha anche donato a Emergency l'intero progetto di progettazione esecutiva dei casseri impiegati a Entebbe
“Una volta terminato il getto, per migliorare ulteriormente le caratteristiche idrofobiche dei due grandi muri, in una zona in cui le grandi piogge sono la regola, è stato applicato il trattamento superficiale a base di silani, sempre prodotto da Mapei”.

“Anche in questo caso, pur partendo dall’idea progettuale di Piano, l’anima pratica di EMERGENCY si è fatta sentire. Abbiamo lavorato per garantire agli ugandesi una struttura efficiente e con costi di manutenzione bassi e, non per ultimo, che rimanesse bella nel tempo”.

“Ricordo che in sostanza che il muro è assimilabile al calcestruzzo faccia-a-vista e quindi Doka ci ha dovuto garantire con i suoi casseri anche un’ottima finitura superficiale del manufatto. Anche in questo caso abbiamo realizzato una serie di prove sul campo, in questo caso in Italia, a Maranello, dove abbiamo verificato il getto della miscela nei casseri Doka per valutarne in concreto il risultato. Risultato che ovviamente ci ha convinto e che è stato poi replicato a Entebbe (i muri ormai sono completi e tutto è andato secondo programma)”.

“Il Centro di eccellenza in chirurgia pediatrica di Entebbe oggi è quasi terminato e darà speranza a tantissimi bambini di tutto il Continente; l’opera non sarebbe stata possibile senza lo spirito visionario di Gino Strada e senza il contributo di tante aziende che hanno voluto donare materiali, esperienza e tecnologia; Doka è fra queste e anche agli uomini e donne che vi lavorano (e che hanno lavorato con noi al progetto) va il mio personale ringraziamento”.

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