Una 'dolce' demolizione dell'ex Zuccherificio di Chieti

Un grande stabilimento che ha custodito in sé un frammento di storia dell’archeologia industriale italiana e che nel 2022 ha ceduto il passo ai tempi moderni.

La demolizione del corpo fabbrica un tempo adibito alla produzione dello zucchero da barbabietola, a Chieti, apre oggi a nuove ipotesi progettuali nel segno della rigenerazione urbana. Il >>Gruppo TOTO Costruzioni<<  è già al lavoro per immaginare questo spazio nel futuro ed ha già avviato le relative analisi per progettare una nuova vita all’area.

La rinascita dal secondo dopoguerra

L’edificio demolito costituiva il principale volume dello stabilimento che venne realizzato nell’immediato secondo dopoguerra, intorno ai primi anni 50, dal gruppo Eridania. Nel 1974 smise di essere operativo.

Oggi, l'area è soggetta alle disposizioni del Piano Regolatore Territoriale del Consorzio per lo sviluppo industriale della Valle del Pescara del 1998, il quale prevede la possibilità di sviluppare strutture commerciali e servizi al suo interno. La tradizione industriale dello zucchero ricevette un grande impulso dalla famiglia Piaggio, che nel 1899 fondò la SIIZ - Società Italiana per l'Industria degli Zuccheri. Otto anni dopo l’impresa si fuse con la Società Generale per lo Zucchero Indigeno di Emilio Maraini.
Il secondo dopoguerra si caratterizzò per la spinta che lo Stato Italiano diede alla ricostruzione del tessuto produttivo attraverso degli incentivi mirati.

Proprio nel 1952, la Società Italiana per l'Industria degli Zuccheri beneficiò di questa tipologia di finanziamenti per rinascere dalle ceneri, inaugurando lo stabilimento di Chieti.
Stabilimento che rimase in funzione per poco più di venti anni, fino alla metà degli anni 70.


Da quel momento l’intera area si avviò verso un lungo e lento percorso di dismissione funzionale che ha consegnato ai nostri giorni la sua struttura portante e qualche reminiscenza dei vecchi impianti.

65.000 metri cubi di acciaio e calcestruzzo armato

Il complesso dell’Ex Zuccherificio è situato a Chieti Scalo, sul comparto urbanistico ricompreso tra l’asse Attrezzato Industriale, Via Erasmo Piaggio e Via Malvin Gelber, in posizione baricentrica tra il capoluogo teatino e la città di Pescara.
L’ area che ha inglobato il fabbricato dove anticamente si produceva lo zucchero si estende per circa 170.000 metri quadrati. Il manufatto a regime presentava una struttura interna in acciaio ed una esterna in calcestruzzo armato su pianta a “T”.
Il volume principale era costituito da un transetto longitudinale a pianta rettangolare, disposto su tre livelli (piano terra, piano primo, piano secondo), finestrato sui lati lunghi con ventuno aperture simmetriche. Ogni livello presentava un altezza del solaio di cinque metri, ad eccezione del secondo che si spingeva sino a sette metri e cinquanta. Con una superficie al suolo pari a circa 3.900 metri quadri, lunghezza di 104 metri, altezza massima di 25 metri e volume di 65.000 metri cubi, questo corpo accoglieva i principali ambienti della produzione, oltre che rampe di scale e accessi di servizio.
La complessità e l'estensione del manufatto è rappresentato dai suoi elementi portanti che nella pianta del piano terra mostra ben ottantotto pilastri interni disposti su cinque navate, e che unitamente alle strutture perimetrali, sorreggono l’intera volumetria.

Annesso al corpo principale si innestava un secondo manufatto a pianta centrale pressochè quadrata, su cui altre fasi della produzione e locali annessi trovavano la loro sede.

Scelta della tecnologia: preparare una demolizione delicata

In un contesto caratterizzato dalla vicinanza al centro abitato e con insita nell’area una struttura di dimensioni imponenti, la pianificazione delle fasi di demolizione era imprescindibile per garantire l’efficacia del risultato finale.

D’altronde la demolizione industriale necessita di un’accurata fase di analisi, monitoraggio e di progettazione, al fine di programmare ogni intervento fin nei minimi particolari. In questo iter un passaggio chiave è rappresentato dalla scelta delle tecniche e delle tecnologie più idonee ai manufatti da demolire, alla loro localizzazione e ai requisiti di sicurezza.

Spesso si dimentica che gli impianti industriali non si compongono soltanto di capannoni e strutture edili ma anche e soprattutto di impianti produttivi che vanno correttamente dismessi, seguendo opportune procedure di smaltimento.
Ogni impianto presenta specifiche peculiarità strutturali che determinano altrettanto e corrispondenti procedure codificate.
Nello specifico la Toto Costruzioni Generali ha supervisionato le fasi propedeutiche all’intervento e, a fronte di studi e consulti tecnici, ha scelto di demolire il manufatto mediante cariche esplosive.

Perchè l’esplosivo? La demolizione in fasi

La motivazione di questa scelta risiede in una duplice valutazione a monte: massimizzare le condizioni di sicurezza e garantire sostenibilità alle operazioni di smaltimento.

Un'esplosione mirata

Mediante l’esplosione sono state di fatto demolite le strutture in calcestruzzo armato, lasciando a nudo la sola struttura metallica, che è stata successivamente recuperata in totale sicurezza.
In passato la Toto Costruzioni ha già adottato queste soluzioni tecniche per procedere con le demolizioni. Un fattore di complessità che ha contraddistinto il contesto teatino è stato quello di operare in contesto urbano. Chiusure, limitazioni alla viabilità locale e altri disagi alla comunità sono state minimizzate redigendo in principio un cronoprogramma di azioni volte ad escludere la sovrapposizione di diverse fasi operative.
Per arrivare al giorno della detonazione si è reso necessario preparare il delicato intervento già diversi mesi prima, a partire dalla progettazione della demolizione stessa.

La struttura portante dell’edificio è stata “preparata” attraverso il disgaggio delle parti in opera più ammalorate:vetri, infissi e altri elementi potenzialmente pericolosi sono stati rimossi o demoliti per prevenire eventuali proiezioni incontrollate di materiale nella fase di detonazione delle microcariche.

Il carotaggio è stato un passaggio fondamentale per valutare la consistenza del cemento armato e degli altri materiali che costituivano il manufatto.

Questa tecnica di indagine strutturale è diventata cruciale oltre che essenziale nelle operazioni di demolizione controllata: nel cantiere di Chieti le carote estratte hanno restituito un quadro clinico essenziale sullo stato di salute del materiale.

L'importanza delle analisi

I dati rilevati hanno consentito alla società incaricata della demolizione controllata tramite esplosivo, la Nitrex Srl, di poter progettare e dimensionare l’intervento
La predisposizione di operatori specializzati in tal senso ha dapprima individuato i punti di posizionamento delle microcariche, che sono state installate previa perforatura dei pilastri e successivamente collegate tra di loro e alla miccia di detonazione.
Nella preparazione del cantiere sono state effettuate ispezioni approfondite e campionature anche per escludere la presenza di sostanze nocive come l'amianto. Il posizionamento di sette sismografi ha ulteriormente rafforzato il monitoraggio degli effetti dell’esplosione sull'adiacente gasdotto Snam, sugli edifici di via Piaggio e sulle strutture rimanenti dello stabilimento.

La demolizione controllata è stata realizzata con precisione chirurgica utilizzando 1.100 microcariche esplosive posizionate su 130 colonne portanti dell'edificio. Sotto la supervisione di operatori di Toto Costruzioni e Nitrex, l’innesco è avvenuto a partire da un miccia in pentrite ad una velocità di detonazione di circa 8400 metri al secondo (equivalente a circa 30.000 chilometri all'ora). Alcuni getti d'acqua provenienti da cannoni speciali sono stati impiegati per attenuare la dispersione delle polveri sollevate.
Il brillamento è avvenuto alle prime luci dell’alba nel mese di Maggio, dopo che l’intera area attorno era stata temporaneamente isolata e presidiata dalle forze dell’ordine.

Nuova vita

In pochi secondi l’intera armatura in calcestruzzo è stata demolita, rivelando la struttura metallica sottostante che è stata successivamente dismessa dai tecnici specializzati del Gruppo Toto mediante bracci meccanici muniti di cesoie.
Pianificazione, prevenzione e precisione hanno caratterizzato questo intervento che, con l’ausilio del Dipartimento della Regione Abruzzo dedicato, ha consentito il sapiente recupero dei materiali provenienti dalle attività di demolizione ai quali sarà garantita una seconda vita come “materie prime secondarie”, nel rispetto delle normative ambientali vigenti.

La demolizione delle volumetrie nell’ex Zuccherificio di Chieti ha avuto una valenza positiva per il contesto territoriale. Il sito, di proprietà del veicolo Alitec controllato da Toto Costruzioni Generali, potrà risorgere sotto una forma nuova e costituirà terreno fertile per gli investimenti del privato.



Photo credits © Pietromassimo Pasqui -
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