Demolitori e case costruttrici di escavatori, un rapporto che funziona

Tutti molto soddisfatti. È questa, in sintesi, la valutazione che alcuni tra i principali operatori del settore della demolizione offrono circa il livello di sviluppo tecnologico raggiunto dalle macchine operatrici per la demolizione e degli escavatori cingolati in particolare.

C’è, nelle parole degli intervistati, cinque imprenditori di successo, un filo conduttore che mette tutti d’accordo: negli ultimi anni si è registrato una evoluzione tecnologica notevole e questo grazie alla ricerca e allo sviluppo promosso dalle case costruttrici, che nel corso degli anni hanno saputo mettere sul mercato macchine con performance sempre migliori, consumi ridotti, impatto ambientale controllato e sicurezza garantita.

Tant’è che è stato difficile far emergere, dalle parole raccolte, anche solo dei suggerimenti migliorativi su cui riflettere i costruttori. Giudizio positivo unanime, insomma.

Se poi si vuole cercare il pelo nell’uovo, qualche indicazione tecnica arriva pure e riguarda in particolare la qualità dei materiali componenti, come lamiere, boccole e perni, e la loro capacità di resistere all’usura del tempo e degli sforzi cui sono sottoposti.

Le interviste che seguono ci aiutano anche a capire sia la storia delle singole aziende sia la loro fase di mercato che stanno attraversando.

Demolire, una passione di famiglia

Da quasi sessant’anni >> Armofer << dei fratelli Cinerari opera nei settori della demolizione con cantieri aperti in tutta Italia. Intervista a [Emilio Cinerari]

Si può ben dire che demolire è una vocazione di famiglia. Una passione iniziata quasi sessant’anni fa per iniziativa di Luigi, Pietro e Angela Cinerari e che oggi prosegue con i figli Andrea, Gianfrancesco, Stefano ed Emilio, titolari di Armofer, azienda di Siziano, in provincia di Pavia.

Emilio Cinerari

Emilio Cinerari, uno dei soci Armofer
L’impresa, che il prossimo anno festeggerà il sessantesimo di attività, lavora quasi esclusivamente sul territorio nazionale (rare sono le presenze all’estero) nel campo delle demolizioni civili e industriali e ha cantieri aperti in tutta Italia: dalla centrale Enel di Rossano Calabro ai quindici siti operativi di Milano.

Oggi l’Armofer, che conta circa 130 dipendenti, si occupa dell’intero ciclo di demolizione e messa in sicurezza delle aree: dallo smontaggio selettivo alla bonifica da amianto, dalla demolizione di grandi strutture civili e industriali a quelle speciali e alla frantumazione degli inerti.

Alla prova dell'acciaio

Armofer: strutture in acciaio da demolire con escavatori high reach con cesoia
"Operiamo in questo settore dagli anni in cui le demolizioni si facevano ancora con gli escavatori a corda e con la sfera d’acciaio - attacca Emilio Cinerari, uno dei quattro soci dell’azienda -. Abbiamo attraversato tutte le fasi dell’evoluzione tecnologica delle macchine e delle attrezzature da demolizione: dai primi escavatori idraulici alle pinze, dalle cesoie ai martelli idraulici per arrivare, ai primi anni Novanta, all’acquisto di un escavatore cingolato di 21 metri di braccio. Siamo stati tra i primi a servirci di macchine di produzione Caterpillar, realizzate interamente dalla stessa casa madre".
Alcuni degli escavatori cingolati del parco macchine Armofer in azione
Sì, perché la filosofia aziendale è stata chiara fin da subito: nessuna operazione di adattamento in officina, ma acquisto diretto dalle case costruttrici. E oggi la società pavese può contare su un parco macchine di 70 escavatori con un tonnellaggio variabile da una a 150 tonnellate.

L’azienda guidata dai fratelli Cinerari, almeno per quanto riguarda le grosse macchine da demolizione, lavora prevalentemente con Caterpillar, Liebherr, Hitachi e Komatsu. Proprio dalle prime due marche straniere sono stati gli acquisti più recenti: un Cat 340 UHD e un Liebherr R 960 Demolition litronic.
Diversi gli escavatori high reach nel parco macchine Armofer
Ma cosa chiedono gli operatori alle case costruttrici? Quali sono le loro esigenze e le loro aspettative? Emilio Cinerari ha le idee chiare.

"Da una trentina d’anni in qua - prosegue Cinerari - mi pare di poter dire che le macchine per demolizione siano abbastanza simili a quelle odierne. Certo, sono cambiate le dimensioni dei bracci, le altezze operative, il peso delle singole attrezzature, oggi molto più potenti di allora. Oggigiorno il problema è rappresentato dalle dimensioni dell’attrezzo da montare".

"Se confrontiamo un 340 di trent’anni fa con una analoga macchina odierna, la principale differenza sta nel peso dell’attrezzatura da installare: ieri si arrivava al massimo a una tonnellata e mezzo oggi si superano le tre. Penso però che un tonnellaggio superiore sia impossibile da raggiungere, siamo arrivati al limite".

Forse i margini di miglioramento riguardano le prestazioni ambientali.

"Sul fronte ambientale i progressi fatti sono stati notevoli - conclude Cinerari -. Sia per quanto riguarda i fumi di scarico sia rispetto all’arrivo in cantiere di macchine elettriche. Anche le demolizioni in quota sono ben gestite grazie ai getti di acqua nebulizzati sulle polveri".

"Oggigiorno possiamo anche contare sulle riprese video delle operazioni di demolizione e, in cantieri particolari, riusciamo anche a creare delle cabine di regia dove poter seguire in diretta le operazioni e segnalare immediatamente le eventuali anomalie".

Demolire è il nostro mestiere

Nonostante la diversificazione produttiva, il core business rimane la demolizione. Parla [Alberto Ticchi], uno dei quattro soci e uomo-jolly di >> Ecodemolizioni <<

Negli ultimi anni hanno acquisito commesse importanti in diversi settori di attività: dalla costruzione dell’autostrada A1 nel tratto Barberino di Mugello-Firenze alla realizzazione della terza corsia autostradale nel tratto di Rimini, dagli scavi per i nuovi parcheggi sul lungomare alla costruzione della vasca di laminazione del nuovo impianto fognario entrambi della città romagnola.

Ma forse il lavoro di cui vanno più orgogliosi i vertici dell’azienda riminese sono le demolizioni di cinque padiglioni dell’Expo Milano 2015.
"Siamo un’impresa che diversifica molto - attacca Alberto Ticchi, uno dei quattro soci della società -. Lo si capisce scorrendo il nostro portafoglio clienti. Nel campo delle demolizioni abbiamo una lunga e consolidata esperienza: la mia è la terza generazione e in azienda sta per subentrare la quarta".

Alberto Ticchi

Alberto Ticchi, socio Ecodemolizioni
"L’attività di demolizione è il core business, poi - come dicevo – svolgiamo diverse altre attività. Per operare su più mercati abbiamo a disposizione un parco macchine esteso e diversificato".

Ecodemolizioni: frantumazione di strutture in calcestruzzo armato a grandi altezze
"Disponiamo anche di tre hangar dove portiamo gli scarti provenienti dalle demolizioni. Ma prima di demolire facciamo strip-out e la selezione dei materiali. Riusciamo anche riciclare parte di ciò che immagazziniamo".

Ticchi - che si autodefinisce il jolly dell’azienda perché all’occorrenza fa il titolare, il commerciale, la testa pensate e anche l’operatore - racconta il parco macchine della sua società.

"Ne abbiamo di ogni tipo e per ogni esigenza - aggiunge -. Andiamo dall’escavatore cingolato Liebherr 974 da 1.300 quintali con braccio di 45 metri al mini escavatore elettrico per la demolizione in quota".

"Il problema che noi demolitori abbiamo, se di problema di può parlare, è che dovremmo acquistare una macchina ad hoc per ogni tipo di lavoro che acquisiamo".

"Ma com’è facile capire, è una condizione impossibile da realizzare".
Alcuni degli escavatori del parco macchine Ecodemolizioni al lavoro in cantiere
"Detto questo abbiamo in dotazione una quarantina di escavatori, dai cingolati ai gommati, con carro stretto e largo, con bracci corti e lunghi, con cesoie o pinze. Disponiamo di tutto e di più. Perché ci può capitare di dover demolire edifici con struttura in ferro, in cemento armato o in legno".

"Un segreto sta anche nella capacità di inventare soluzioni ad hoc, anche perché il secondo sta anche nella capacità di selezionare i materiali. E di selezionare il più possibile nei centri di recupero".

"Proprio in questo periodo stiamo trattando una macchina con un braccio sfilabile di 64 metri partendo dai 30 in posizione ritratta. Una soluzione che ci permetterà di affrontare i cantieri più difficili, una macchina cucita sulle nostre esigenze. Questo per dare più chance ai nostri clienti: un’esigenza molto sentita da noi operatori. E quando troviamo nella produzione la risposta ai nostri desiderata ne siamo molto soddisfatti".
Anche per Ecodemolizioni non mancano nel parco macchine gli escavatori high reach
Ma le case costruttrici vi seguono in questa vostra ricerca?

"Caterpillar e Liebherr ci dicono che il miglior modo di realizzare le nuove macchine è parlare con gli operatori, con noi demolitori. E loro, devo ammetterlo, ci stanno seguendo in tutto".
C’è qualcosa nello specifico che vi sentite di chiedere ai costruttori?

"Difficile fare un elenco. L’elettronica ha fatto passi da gigante, le trasmissioni idrauliche stanno sparendo dalla circolazione, le emissioni sono ridotte ai minimi termini così come i consumi. Caterpillar, in questo, è molto avanti. Ed è anche per questo che negli ultimi tre mesi abbiamo ritirato 15 loro macchine. Oggi gli escavatori cingolati si guidano con le dita di una mano. Anche con Liebherr ci troviamo bene. Ed è per questo che abbiamo acquistato la loro nuova macchina, che costa una bella cifra, due milioni di euro, ma è il top della gamma".

La passione di un giovane demolitore

Lui è giovane come la sua impresa, che un passo alla volta sta crescendo sul mercato nazionale. E che punta alla specializzazione. Parla [Michael Monaci] della >> Monaci Demolizioni Speciali <<

Michael Monaci è un giovane imprenditore che guida una altrettanto giovane e dinamica impresa, la Monaci Demolizioni Speciali, con sede a Osio di Sotto, vicino a Bergamo. Monaci ha una super passione per gli escavatori, tramandata dal padre anni fa.

"Ho deciso di concentrare l’attività dell’impresa sulle demolizioni perché credo nella specializzazione; una scelta che mi consente di avere un parco macchine limitato e offrire ai miei clienti un pacchetto di prodotti dedicati. Nel nostro settore non si può improvvisare. Nella logica della specializzazione abbiamo deciso di dotarci di un’officina per preparare le macchine alle più complesse esigenze del lavoro e del cliente".

Michael Monaci

Michael Monaci, titolare Monaci Demolizioni Speciali
Una scelta che ha voluto dire dotare l’impresa di escavatori cingolati con un braccio triplice,  cosa che consente di raggiungere altezze più elevate, di disporre di macchine a doppio braccio da scavo e da demolizione, di lavorare con un demolitore di 200 quintali con braccio diritto, che arriva fino a dieci metri di altezza.

Colossi del taglio

Le cesoie da demolizione stanno diventando sempre più grandi
"Abbiamo un parco macchine diversificato. Un Bobcat da 35 quintali attrezzato con pinze e benne; una macchina NPK di 4 quintali con martello Atlas; due Doosan da 225 quintali a braccio diritto da dieci metri con cesoie, frantumatore e benna adattate proprio per queste macchine; due Doosan, un TX 340 a braccio triplice e un TX 370; un Volvo 460 con braccio di 28 metri".

"Abbiamo prodotti diversi in relazione al tipo di cantiere e di utilizzo. Guardiamo con attenzione a ciò che il mercato offre. Ad esempio, la scelta della Volvo da 28 metri si spiega con la volontà di differenziare la nostra presenza sul mercato, per offrire lavorazione che ancora in Italia pochi fanno".
Gli escavatori da demolizione della flotta di Monaci Demolizioni Speciali al lavoro in un interno industriale
Alla domanda, cosa si aspettano i demolitori italiani dal mondo della produzione, Monaci risponde così.

"Margini di miglioramento ci possono essere. Ad esempio, per un’azienda come la nostra, che punta alla specializzazione e alla differenziazione dei prodotti, servirebbero case costruttrici in grado di offrire, oltre alla macchina, anche un servizio capace di adattare i mezzi meccanici alle esigenze lavorative".

"Liebherr e Volvo lo fanno, ma non per tutte le esigenze. Servirebbe una maggior capacità di differenziazione, anche se non possiamo pensare che le aziende possano rispondere a tutte le richieste dei loro clienti".
Demolizione in quota di un edificio industriale in cemento armato
Attualmente Monaci, che ha alle dipendenze una decina di collaboratori, sta lavorando su più fronti.

"Stiamo demolendo due edifici industriali a Trento, abbiamo aperti due cantieri a Milano, è in programma la demolizione di un vecchio ponte in provincia di Monza, a Bagnolo Mella abbiamo un lavoro in notturna in quanto si tratta di demolire un sovrappasso ferroviario lungo una trentina di metri. Insomma, cantieri impegnativi. Più complessi sono più cresce la sfida. Il bello del mestiere è anche questo".

Per Monaci, grande appassionato e conoscitore delle macchine, il livello tecnologico raggiunto dal mondo della produzione non sembra rappresentare un problema.

"Lo sviluppo tecnologico ha fatto passi da gigante. Telecamere, sistemi antiribaltamento display in cabina: difficile indicare i margini di un possibile miglioramento. C’è forse da aggiungere che le case costruttrici tendono a risparmiare sulla qualità dei materiali componenti - bracci, lamiere, boccole e perni -. Considerato l’alto costo e il livello di usura, superiore di due-tre volte a quello a cui sono sottoposte le macchine per il movimento terra, occorrerebbe maggior attenzione a questo aspetto. Le macchine devono durare anni e i componenti per noi sono importanti".

La chiacchierata con Michael Monaci si chiude su un aspetto non affrontato da altri e che riguarda la necessità di formazione degli operatori impegnati nelle demolizioni.

"Serve formare i giovani - conclude il titolare -. Serve avere manodopera aggiornata ed esperta. La tecnologia è importante, ma a far funzionare le macchine è sempre l’uomo. Perché sbagliare una demolizione non è come sbagliare uno scavo o realizzare un muro. Per questo serve investire sulla formazione del personale".

Un’attività che Monaci intende sviluppare all’interno dell’associazione nazionale demolitori, il Nad, di cui da poco è stato nominato consigliere.

Demolire? Un’impresa

Dal commercio di materiali ferrosi alla demolizione dei siti industriali dismessi nell’area nord di Milano. È la storia di >>Montalbetti<<, un’impresa con un lungo passato alle spalle. Il punto di vista [Tullio Pili], project manager della società varesina

Ecco un altro caso di un’impresa nata negli anni Cinquanta che ha iniziato con il commercio dei rottami metallici e poi, complice il processo di deindustrializzazione degli anni Settanta del nord Milano, ha saputo reinventarsi come società di demolizione dei numerosi siti industriali dismessi diventando una delle aziende protagoniste in questo particolare settore.

Si devono a questa impresa di Cairate, piccolo comune tra Varese e Gallarate, le demolizioni degli insediamenti industriali delle ex aree Falck di Sesto San Giovanni, di quelle dell’ex Alfa Romeo di Arese e della raffineria Agip di Rho.

L’attività di commerciare materiali ferrosi è rimasta, affiancata da una sempre più intensa presenza nel settore delle demolizioni industriali e civili. Montalbetti è un’impresa storica, tra le prime quattro-cinque più importanti in Italia, con un fatturato complessivo che si attesta sui 50-60 milioni di euro all’anno e che si è spesa per dar vita all’associazione nazionale demolitori.

Tullio Pili

Tullio Pili, project manager Montalbetti
Tre oggi sono i siti produttivi della Montalbetti. Oltre a Cairate, dove su un’area di 80mila metri quadrati si trovano gli uffici ammnistrativi, commerciali e tecnici, un’officina meccanica e gli impianti di frantumazione. Il secondo sito produttivo è in provincia di Vicenza, a Grisignano di Zocco, dove su 45mila metri quadrati sono presenti uffici e un laboratorio per il controllo della qualità dei materiali. Il sito è specializzato nella demolizione e bonifica di carri ferroviari.

Il terzo impianto è ancora in provincia di Varese, dove su altri 15mila metri quadrati si stoccano i materiali di recupero provenienti dalle diverse attività di demolizione.
Uno degli escavatori cingolati con braccio lungo nel parco macchine Montalbetti
Tra i clienti della società varesina troviamo Enel, A2A, Tamoil, Fincantieri, Fiat, Acea.

A Tullio Pili, project manager dei cantieri Montalbetti, abbiamo rivolto alcune domande. Ecco cosa ci ha risposto.
"Oggi la nostra macchina di punta è un escavatore cingolato Liebherr da 960 quintali con un braccio di 38 metri, una macchina unica in Italia, che solleva una cesoia di 30 quintali. Abbiamo poi a disposizione un’altro Liebherr, una 954 da 32 metri, tre Pmi con bracci di svariate misure, due Doosan, una Pmi da 16 e 20 metri, più diverse altre macchine".

Al lavoro in cantiere

Un escavatore da demolizione Montalbetti al lavoro in cantiere
Anche Pili concorda con il fatto che questi ultimi anni sono stati contrassegnati da grandi passi avanti da parte delle case costruttrici.

"Le macchine sono cambiate per quanto concerne qualità e facilità di impiego. Oggi gli escavatori cingolati per demolizioni presenti sul mercato sono molto facili da gestire. Il progresso tecnologico ha agevolato sempre più gli operatori nel loro lavoro".
Demolizione con cesoia idraulica di strutture industriali in acciaio
"Pensiamo alle videocamere montate in sommità dei bracci per migliorare la visibilità e l’operatività, alle tecniche di abbattimento delle polveri attraverso il getto di acqua nebulizzata".

Anche per il projcet manager di Montalbetti, che di esperienza sull’uso delle macchine ne ha da vendere, rimane difficile indicare dove e cosa potrebbe migliorare la produzione delle case costruttrici.
"È migliorata e non poco anche la sicurezza degli operatori, le macchine oggi hanno poche vibrazioni e questo agevola il loro lavoro e diminuisce la fatica. Forse uno sforzo si potrebbe compiere per migliorare ancor da più la stabilità delle macchine operatrici a braccio lungo. Non che quelle presenti sul mercato non siano sicure, ma forse, volendo cercare il pelo nell’uovo, lì si potrebbe ancora trovare margini di miglioramento. Anche sul sistema di segnalazione antiribaltamento si è fatto molto. Grandi sono stati i passi in avanti".

L’arte della demolizione

Dalle demolizioni industriali a quelle civili nel segno della sicurezza e delle soluzioni innovative. La storia della >>Fratelli Omini<<. Intervista a [Emilio Omini]

Recentemente, Emilio Omini è tornato alla ribalta delle cronache per gli extra-costi sostenuti nella demolizione del ponte Morandi a Genova. Sei milioni di euro in più dovuti alle verifiche rigorose sostenute per la presenza dell’amianto nelle strutture di cemento del sovrappasso autostradale del Polcevera.

Per la verità, sotto i riflettori della stampa e dell’opinione pubblica nazionale la sua impresa, la Fratelli Omini di Novate Milanese, ci era già finita in passato con la demolizione della Costa Concordia e più recentemente proprio con la demolizione del ponte di Genova, un’operazione, quest’ultima, che tra studi e attività di cantiere vere e proprie è durata sette mesi, dal 10 gennaio al 12 settembre dello scorso anno.

Emilio Omini

Emilio Omini, titolare della Fratelli Omini
"A Genova abbiamo svolto un gran lavoro - sostiene orgoglioso Emilio Omini, titolare della società, una delle più importanti aziende italiane del settore -. Sono sicuro che il commissario per la ricostruzione Marco Bucci saprà riconoscere l’opera che con Fagioli, Ireos e Ipe Ingegneria (Fratelli Omini era la capogruppo; nda) abbiamo realizzato a tempi di record con soluzioni all’avanguardia, come la creazione di un chilometro e quattrocento metri di vasche d’acqua necessarie a contenere le polveri dovute all’esplosione, anche quella opera nostra, sulla base di un progetto realizzato interamente dai tecnici della società".

Strutture in acciaio

Cantiere Omini di demolizione strutture industriali in acciaio
La storia della Fratelli Omini, fondata nel primo Dopoguerra, è storia abbastanza simile ad altre imprese del settore, che dopo aver iniziato a operare nel comparto della lavorazione dei metalli è passata, una quarantina di anni più tardi, a lavorare nel settore delle demolizioni industriali, soprattutto nel chimico e nel petrolchimico, con clienti importanti come Eni, Dow e più recentemente Enel.
Omini: demolizione in quota con polverizzatori di una struttura industriale in cemento armato
"Nel 1985 ho deciso di riconvertire l’azienda di famiglia e di aprirla al mercato delle demolizioni industriali, mentre quello civile è stato un segmento a supporto del business principale. Per lavorare nel settore delle costruzioni, in virtù della loro stabilità e delle possibilità di montare dei bracci alti, abbiamo sempre utilizzato mezzi cingolati. E la nostra prima preoccupazione è stata garantire la sicurezza: stare lontano dagli impianti è stato il nostro credo".

Uno degli escavatori cingolati da demolizione con braccio lungo della flotta Omini al lavoro
"Negli ultimi anni invece abbiamo spinto il settore civile e acquistato escavatori cingolati con bracci fino a 35-36 metri. I gommati, che rappresentano solo il 10 per cento del totale del nostro parco macchine, li utilizziamo per lo spostamento dei materiali a terra. Quali macchine utilizziamo? Caterpillar principalmente e poi Volvo. Di recente abbiamo acquistato due Volvo con un braccio di 32 metri e un Doosan".

Anche a Emilio Omini abbiamo chiesto che cosa un’impresa importante come la sua, che ha demolito due simboli importanti come Costa Concordia e Morandi, chiede al mondo della produzione, ai costruttori di macchine per la demolizione.

"Al giorno d’oggi le imprese come le nostre sono alla ricerca di componenti sempre più efficienti che, ad esempio, sappiano sostenere cesoie di notevole peso. La componente ambientale, oggi come oggi, è praticamente risolta e comunque ogni futura miglioria non può che trovarci d’accordo".

"Anche l’apporto delle nuove tecnologie mi pare sia un fatto consolidato, comprese le videoriprese delle demolizioni. I costruttori che operano in Italia insomma sono avanti. Come utilizzatori siamo soddisfatti dei grandi passi compiuti. Anche per quanto riguarda la durata dei componenti, che sappiamo bene, dopo una decina di anni, subiscono l’usura di un uso intensivo e vanno sostituiti".