Le tre più alte arrivano a 150 metri di quota, la quarta, la più piccola, a 95. Sono le ciminiere della centrale elettrica Iren di Turbigo, comune del nord-ovest della Lombardia.
Quattro possenti camini che verranno rasi al suolo: due entro la fine giugno di quest’anno, gli altri due più avanti, in base ai piani della società multiservizi, ma comunque entro i quattro anni previsti dall’appalto.
A guardarli da sotto sembra un’impresa impossibile. E in effetti facile non è, come ci conferma [Walter Emanuele Scicolone], area manager di >>DAF Demolizioni<<, impresa milanese aggiudicataria di un mega appalto di 14 milioni di euro che prevede l’abbattimento delle ciminiere, dei quattro gruppi termoelettrici e dei due impianti di riduzione delle emissioni di ossidi di azoto.
Emanuele Scicolone
Emanuele Scicolone, area manager DAF
“La demolizione dei camini - racconta Scicolone - per DAF è una sfida, che ha imposto un’attenzione particolare alla programmazione dei lavori. Qui a Turbigo stiamo sperimentando tecniche e macchine nuove, che hanno richiesto la formazione ad hoc degli operatori”.
Il polo energetico di Turbigo
L’area su cui sorge l’impianto è enorme: 56 ettari, collocati sulla sponda destra del Naviglio Grande, a confine con il parco regionale del Ticino. Un sito su cui insistono diversi vincoli: ambientali (i canali sotterranei di raffreddamento delle acque), storico-architettonici (l’antica centrale del 1928) e la presenza di un impianto di produzione termoelettrica funzionante (quello di Iren Energia).
Vista aerea della centrale Iren di Turbigo; si percepisce la dimensione delle ciminiere da abbattere
In precedenza, nel luglio dello scorso anno, sempre DAF aveva concluso i lavori di un altro appalto, quello della demolizione e della bonifica di un enorme parco serbatoi, dismesso da tempo, di circa 400mila metri cubi di olio combustibile.
Un po’ di storia
Quella della centrale di Turbigo è storia antica: l’entrata in funzione del primo gruppo da 35 MW è di quasi cento anni fa. Servì come sottostazione della linea elettrica europea la Isarco-Torino, che entrò in servizio qualche anno dopo, nel 1937.
La posa a terra di uno degli impianti DeNOx di Turbigo (foto: DAF)
Risale invece agli anni Sessanta la prima demolizione del vecchio impianto e l’installazione di un primo gruppo da 70 MW, a cui ne seguì un secondo da 75, entrati in funzione rispettivamente nel 1960 e nel 1964.
Con la gestione Enel, nel 1967 entrarono in attività prima un gruppo da 250 MW e, qualche anno dopo, nel 1970, altre tre unità: una da 320 e due da 330 MW.
Negli anni Novanta, l’allora ministero dell’Industria autorizzò un potenziamento dell’impianto: a ciascun gruppo vapore fu associata una sezione turbogas da 125 MW.
A partire dal 2005, con la gestione Edipower, in due fasi temporali furono realizzati importanti interventi di riqualificazione ambientale.
È del 2013 l’acquisto dell’impianto da parte di Iren Energia, che proprio negli scorsi mesi ha avviato i lavori di revamping, che dovrebbero concludersi a breve (a oggi sono funzionanti due turbine a gas e una turbina a vapore, per una potenza complessiva installata di 855 MW; nda).
La demolizione dei DeNOx
Terminati i lavori di abbattimento dei serbatoi e prima di iniziare le attività sulle ciminiere, l’impresa milanese ha portato a termine la demolizione controllata dei due impianti DeNOx (servono per ridurre le emissioni di ossidi di azoto).
Sospendere e demolire
La fase di sollevamento dell’impianto DeNox di Turbigo (foto, DAF)
Per carichi extrapesanti
Gli strand jack utilizzati nel cantiere di Turbigo (foto: DAF)
Un’operazione complessa, realizzata, in alternativa alle tradizionali gru, con l’utilizzo di martinetti a trefolo (strand jack), a controllo computerizzato, utilizzati per il sollevamento di carichi particolarmente pesanti.
Demolire in quota...
Abbattere ciminiere così alte non è un gioco da ragazzi. Per farlo sono servite settimane di lavoro per decidere le tecnologie più adatte e per progettare le fasi di cantiere.
Per lavorare in sicurezza a oltre cento metri di altezza, l’impresa milanese ha compiuto due investimenti importanti: l’acquisto di due mini escavatori elettrici radiocomandati e di una piattaforma rampante, capace di reggere il peso di macchine, persone e attrezzature.
Le prime fasi della demolizione a quota 95 metri
“La piattaforma - prosegue l’area manager di DAF - che ha una portata di quattro tonnellate a campata e regge il peso delle macchine e la controspinta dei mini escavatori durante le operazioni di demolizione, garantisce affidabilità, possiede un buon rapporto qualità-prezzo e consente un’alta flessibilità d’uso”.
Da cielo a terra
La piattaforma autosollevante utilizzata da DAF per la demolizione Top Down delle ciminiere di Turbiho
Ancorato ai camini tramite quattro colonne montanti (sei per la ciminiera di dimensioni maggiori), il sistema ha un diametro variabile, che si adatta al diminuire della sezione man mano che si sale. È corredato di ascensore e viene alimentato da un generatore a terra, anch’esso elettrico.
Per mantenere l'equilibrio dei pesi i due miniescavatori da demolizione Brokk lavorano disposti simmetricamente rispetto al baricentro della ciminiera
“L’abbiamo montata in quattro settimane - continua Scicolone - e il 7 gennaio scorso abbiamo iniziato le operazioni di demolizione, utilizzando due mini escavatori Brokk 170, prodotti dell’azienda svedese con filiale italiana. È una tecnologia miniaturizzata, con alimentazione elettrica, molto potente, da 24 kW ciascuno, dotata di tutti gli accessori necessari per demolire: pinza, cesoia, benna. Abbiamo fatto un investimento importante, ma necessario per lavorare bene e nel rispetto dei tempi”.
Tutto nel camino
Il materiale demolito viene fatto cadere all'interno della ciminiera e rimosso dalla base
Per compensare le forze in gioco ed evitare squilibri alla struttura, le due macchine e i rispettivi operatori, sempre assistiti da altrettanti colleghi, devono disporsi e lavorare simmetricamente.
“È un’operazione che richiede attenzione e gioco di squadra. Per questo serve personale appositamente formato”, conclude il tecnico.
... e a terra
Una volta arrivati a quota 35 metri, inizierà un’altra operazione: quella della demolizione con l’escavatore cingolato 385CL UHD di Caterpillar che, grazie al braccio di 42 metri, completerà l’abbattimento fino a quota zero.
Contemporaneamente, mentre si lavora in quota, alla base, grazie a un vano creato appositamente, i detriti che precipitano all’interno del camino vengono rimossi con l’aiuto di un escavatore e successivamente selezionati e depositati nell’area di cantiere, per poi essere destinati agli impianti di riciclaggio.
A terra, un escavatore equipaggiato con pinza si occupa della selezione del metallo da avviare al recupero
Più complessa sarà l’operazione di demolizione della quarta torre, quella di maggiori dimensioni, che verrà abbattuta per ultima.
“Si tratta di una ciminiera enorme - prosegue Scicolone -, a due canne d’acciaio, poste all’interno della struttura di cemento armato. La demoliremo sezionando la struttura metallica in parti, che verranno successivamente calate con l’aiuto di martinetti idraulici”.
L'escavatore Caterpillar 385CL UHD pronto a cominciare a lavorare quando l'altezza della ciminiera sarà ridotta a 35 metri
Rispetto ai tempi di lavorazione, l’area manager di DAF ancora non si sbilancia.
“Abbiamo iniziato da un paio di settimane e stiamo verificando le performance dei primi giorni. A oggi riusciamo a mantenere un ritmo di circa un metro e mezzo di demolizione al giorno. Arrivati a quota 35 metri la musica sarà un’altra. Comunque sia, entro la fine di giugno le prime due torri verranno abbattute, come da contratto. Per il resto, attendiamo istruzioni dalla committenza”.
Le macchine di cantiere
“Attualmente, oltre al 385 e ai mini della Brokk, in cantiere lavorano quattro escavatori - spiega il capo cantiere [Arturo Nino Torres] -. Un Caterpillar 340 NG UHD, dotato di cesoia per demolire le opere in ferro, e un Volvo 210 EC".
Binomio di cantiere
Emanuele Scicolone con, a destra, Arturo Nino Torres, capo cantiere di DAF
"Poi abbiamo un escavatore gommato, un Cat MH3024, attrezzato con ragno, e infine un miniescavatore Kubota U17-3a da 17 quintali. Tendenzialmente, utilizziamo solo macchine nostre, raramente le noleggiamo. Preferiamo acquisire le tecnologie, formare il nostro personale e renderci autonomi”.
La sicurezza sopra tutto
In un cantiere di queste dimensioni non poteva mancare un’attenzione specifica alla sicurezza e alle procedure di cantiere. L’angelo custode è [Stefano Penco], giovane architetto con funzioni di tecnico di cantiere e referente per la sicurezza.
“Stiamo lavorando in un cantiere complesso e con una committenza particolarmente esigente. Per questo abbiamo tre responsabili: i colleghi Scicolone e Torres e il sottoscritto in funzioni di vice, ciascuno con compiti specifici di gestione e sorveglianza".
Stefano Penco
Stefano Penco, responsabile sicurezza DAF
"Poniamo grande importanza ai piani di emergenza e ai dispositivi di protezione individuale. Tutti gli aspetti di rischio sono stati analizzati e pianificati. A tutto ciò si aggiunge il fatto che la centrale Iren, a pochi passi da qui, è in funzione. E questo rappresenta un ulteriore elemento da tenere costantemente sotto controllo”.
DAF, parla il direttore tecnico
In cantiere ci arriva puntuale alle sei di mattina, anche in pieno inverno. Lì parla con i 'suoi uomini' e organizza i lavori. Più tardi, terminato il giro, è in ufficio nella sede di via Seguro, nella periferia ovest di Milano.
Lui è [Massimiliano Donzelli], 35 anni, una passione vera per il cantiere e per il suo lavoro. Con i fratelli Adriano (amministratore delegato) e Fabio (direttore tecnico) porta avanti l’attività dell’azienda creata negli anni Ottanta dal padre Pierangelo. Nata come impresa di costruzioni stradali, si è poi trasformata in società capace di operare nel campo delle bonifiche e del trattamento degli inerti.
“Abbiamo iniziato con la demolizione di un impianto della Fincantieri a Castellamare di Stabia diversi anni fa, per poi lavorare nel campo delle dismissioni delle centrali elettriche e nucleari. Oggi è questo il nostro core business”.
VIsta suggestiva delle ciminiere della centrale di Turbigo , due delle quali verranno demolite da DAF entro giugno 2022
L’azienda milanese - che ha uffici in pieno centro, un impianto di trattamento inerti a Busto Garolfo e un’officina meccanica a Nerviano - denuncia un fatturato di 25 milioni di euro, dà lavoro a circa 100 persone, di cui più di 30 tecnici, ha un parco macchine di 200 mezzi, 40 dei quali sono escavatori.
“Turbigo è una commessa importante non solo per le sue cifre - conclude Donzelli - ma per l’insieme delle tecnologie utilizzate: martinetti idraulici, demolizione controllata, piattaforma area, mini escavatori elettrici. Un lavoro interessante da diversi punti di vista.
Ma è il settore della riconversione degli impianti energetici, che gode degli incentivi pubblici, a rappresentare un’importante leva di mercato che durerà ancora alcuni anni”.